Parlare di emozioni o viverle?

Esiste una tendenza a evitare le emozioni, sì, se ne può parlare, ma si fa in un modo meccanico, intellettuale, “non incarnato”, appunto se ne parla per non viverle sulla pelle.

Il processo emotivo parte dal corpo, nel senso che emerge attraverso micro e macro movimenti, i sensi, l’energia.

Infatti le emozioni sono energia che dovrebbe attivare un movimento.

Il problema è la rigidità, cioè quando la persona (inconsapevolmente) struttura dei modi per “tenere a bada” queste emozioni, così a bada da non riconoscere nemmeno cosa certe situazioni suscitano dentro sé.

Gli adattamenti creativi possono essere molto efficaci e permettono di andare avanti nella vita misconoscendo la propria sfera emotiva.

Accade però che l’anima, costipata di emozione come direbbe Annette Goodheart, si faccia sentire attraverso il corpo, organizzando sintomi o addirittura patologie.

Anche in psicoterapia la risata può diventare uno strumento che permette il contatto col proprio mondo emotivo quando all’interno dell’organismo si è costipato qualcosa.

Quando il campo esprime depressione, la proposta della risata è un paradosso inizialmente sconcertante.

Sì o no.

La libertà, anche se momentanea, si gioca in una scelta, e in un barlume di coraggio: occhi lucidi che si incontrano, neuroni a specchio che sparano e un momentaneo spiraglio di luce condiviso.

Ringrazio per la Foto © Milú Babayaga

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