Il corpo, una chitarra.

Mettiamo il caso che io sia in una normalissima situazione quotidiana con i miei familiari o con il mio compagno, la mia collega e così via.

Partiamo dal presupposto che il corpo è il mio strumento, quindi possiamo immaginarlo come una chitarra.

Ho delle interazioni e la mia chitarra inizia a vibrare certe melodie-emozioni: potrebbe essere fastidio, inizio a sentirmi infastidito oppure inizio a sentire una certa tristezza, a quel punto posso ignorare la cosa (anche perché non ne accorgo coscientemente) e continuare a vivere la mia giornata.

Questo atteggiamento del non “prestare attenzione a me” presupporrà una accumulo di melodie-emozioni, che potrebbe far diventare hard rock qualcosa che prima somigliava al pop.

La cosa più equilibrata sarebbe riservarmi uno spazio quotidiano volto a comprendere cosa fa suonare quelle melodie, e lasciarmi stupire dal fatto che oggi certe melodie mi attivano perché somigliano a quelle del passato che mi hanno ferito, ma solo quando me ne accorgo posso riprendere il controllo e smettere di confondere le melodie, che seppur simili, non sono le stesse e in ogni caso, io posso essere diversa da ieri.

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